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Italia-Germania 4-3, il calcio scomparso che ci rese felici!
- Updated: 18 giugno 2020

di Paolo Paoletti - Io c’ero davanti alla tivvù! Avevo 14 anni, giocavo a pallone e Gigirriva era il mio idolo…
C’ero alle 3 del mattino, com mio zio Gigi e Romolo Acampora, giornalista sportivo del Mattino, amico di famiglia.
C’era anche un bella bottiglie di tequila ed il tavolo da pranzo trasformato in campo da calcio per le nostre interminabili partite a bottoni.
Fu una grande emozione, dopo una lunga noia che per poco non mi fece sprofondare nel sonno profondo, per come si trasCinava la partita.
Mi sarei perso una delle pagine più belle, entusiasmanti, indimenticabile del calcio mondiale. In cui l’Italia vince, batte se stessa, appaga un intero Paese mettendo da parte tutti gli scontri dialettici da bar tra riveriani e mazzoliani.
Vinse l’Italia, gol di Rivera. Vinsi anche io e tutti i giovani della mia generazione.
Ce ne siamo ricordati dopo 50 anni, nelle celebrazioni televisive con gli eroi dell’epoca, i filmati d’archivio, le verità di un calcio che non esiste più.
Mettere a confronto Italia-Germania 4-3 e i 10 milioni di teleSpettatori per Juventus-Napoli (4-2 dcr), finale della Coppetta Italia è stato un oltraggio!
Il calcio di Rombo di Tuono, Rivera e Mazzola, Zio Uccio Valcareggi, le battaglie di Gianni Brera, ha segnato un’epoca in cui la vita era la più grande avventura che ci possa capitare: speranza, futuro, felicità per le grandi e piccol,e cose. L’Italia era invidiata da tutti, il boom aveva trasformato gli italiani, i turisti ambivano a visitarci, il Made in Italy stava diventando icona.
Cosa è rimasto di noi, del Bel Paese. Nel calcio proprio niente, diventato business di basso profilo.
Il Paese ha dimenticato i giovani, le famiglia, l’orgoglio di essere italiani.
CINQUANT’ANNI DOPO. La Partita del Secolo compie mezzo secolo, e già nel gioco di parole c’è la portata dell’evento: il 17 giugno di 50 anni fa allo stadio Azteca di Città del Messico si disputò infatti molto più di una semifinale del mondiale di calcio, persino più della “Gara”, come la definirono gli organizzatori nella targa prontamente apposta sulla tribuna principale dell’impianto. Quel giorno di fine primavera del 1970 a sfidarsi mischiando metafore ed emozioni furono la vita e il pallone: ne venne fuori Italia-Germania4-3, che da sempre si legge così, tutto attaccato. Un evento che ancora oggi suggestiona non solo i due popoli coinvolti, gli inopinatamente vittoriosi e gli inaspettatamente sconfitti, ma i tifosi di tutto il mondo.
Il concentrato di adrenalina e lacrime andò in onda in tv quando in Italia era notte piena e nel canale della mondovisione, due rarità per l’epoca. E regalò tutto l’epos del calcio grazie a una pazzesca serie di gol, papere e prodezze: il tutto mentre 10 mila km a Est l’Italia riscopriva l’orgoglio Nazionale mortificato dall’avventura folle nella guerra voluta dal fascismo, e, tornando al recinto dello sport, dall’eliminazione nel precedente mondiale, quello del ’66, avvenuta contro la Corea del Nord.
Italia-Germania4-3 è dunque diventata in questi 50 anni un brand impreziosito da un paio di film, qualche piece teatrale, innumerevoli libri ma è rimasta soprattutto un ricordo ineguagliato di gioia e follia collettiva. Eppure è passato tanto tempo, in cui stando alla contabilità dei trionfi l’Italia ha vinto due mondiali che si sono aggiunti ai due degli anni Trenta. A distanza di tanti anni è però sempre più evidente che a fare di quella nottata un punto di svolta, una pietra miliare nella storia del costume italiano, sono non solo le emozioni calcistiche che arrivavano in bianco e nero dal Messico ma, sulla spinta del boom economico, l’evidente voglia di riscatto e di immagine nuova di una nazione che era stata non solo sconfitta, umiliata.
Quell’Italia-Germania del mondiale di Messico 70 era stata per la verità per 90 minuti una gara noiosa: con i potenti e furenti tedeschi guidati dallo statuario Beckenbauer (ferito, braccio appeso al collo per un infortunio, ma imperiale nel suo incedere) all’assalto del solito, astuto, catenaccio italiano.
Erano in vantaggio 1-0, gli azzurri di Valcareggi, in virtù di un gol di Boninsegna. E il pareggio tedesco arrivò nel recupero del secondo tempo grazie a Schnellinger, che militava nel Milan e si ritrovò sotto porta solo perché voleva arrivare prima nello spogliatoio per evitare i fischi dei suoi tifosi. Da li’ nei supplementari la sarabanda di gol: 2-1 per i tedeschi con Gerd Muller, 2-2 firmato da Burgnich, uno che nella sua meravigliosa carriera di difensore sarà arrivato nell’area avversaria tre volte in tutto. E poi 3-2 di Riva, 3-3 ancora di Muller con errore difensivo di Rivera che però, stimolato dagli insulti del portiere Albertosi, andò a riparare nel giro di una manciata di secondi con un gol thrilling: colpo millimetrico di piatto destro in controtempo sul tuffo di un Maier inebetito.
L’Italia visse quei supplementari incollata alla tv, e lo stesso fecero in tutto il mondo. Persino le guardie di un carcere Messicano si persero nei brividi di Italia-Germania4-3: e infatti alcuni detenuti ne approfittarono per darsi alla fuga.
Una delle tante pazzie di quella notte contrassegnata in chiave italiana dalla gente incolonnata nelle strade, tante bandiere che spuntavano dal tettuccio della Cinquecento e persino qualche tifoso a fare il bagno ubriaco di gioia dentro Fontana di Trevi: altro che Anita Ekberg…
Gigi Riva, nei suoi anni da dirigente della Nazionale raccontò all’ANSA: ”Noi tutti, dopo che l’arbitro fischio’ la fine, avemmo la percezione di quello che era successo, dell’importanza della nostra impresa. Eravamo stravolti dalla stanchezza, ma dall’Italia arrivavano notizie di incredibili festeggiamenti in ogni dove. La chiave del successo? La capacità di non mollare mai, anche quando tutto sembra obiettivamente perso. Questo l’insegnamento che ‘Italia-Germania4-3′ puo’ dare ai giovani affasCinati davanti alla tv ancora oggi: se non si molla, tutto e’ possibile”. Anche che un Paese umiliato e offeso si riscatti finendo, inopinatamente, in copertina al mondo: un messaggio che va molto al di là del calcio, proprio come quella nottata.
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